Pippo non aveva mai scritto una riga prima di ammalarsi di SLA appena ottenuta la pensione, dopo una vita di lavoro pesante come asfaltista di strade. Per presentare Pippo usiamo le prime righe del libro che ha scritto con gli occhi, intitolato “Ci vediamo tra cent’anni”, autentica poesia.
Ciao, mi chiamo Pippo diminutivo di Giuseppe. Sono nato a Palermo città dei profumi, dei gelsomini, dei mandorli in ‑ ore, del buon sapore del pane e delle panelle, delle arancine belle ripiene e saporite di tutto e di più. Ma soprattutto della bella gente sempre allegra e generosa che tutto ti dà e niente vuole in cambio. Questa è Palermo. Non fa niente se ti suonano al semaforo, se ti fermi col rosso o che te li vedi arrivare da un senso unico contrario; siamo fatti così. Sono nato da una famiglia povera, ma ricca di amore per tutti gli otto ‑ gli. Il più piccolo dormiva nel lettone con i miei genitori, tutti gli altri con le coperte per terra. Avevamo solo una camera, con un piccolo separé che divideva la stanza dal bagno e dal cucinino. Per mangiare a tavola, visto che le sedie non bastavano, avevamo le assi di legno messe tra una sedia e l’altra, così ci stavamo tutti. A tavola non avevamo niente ma eravamo felici. Mio padre lavorava in posta, faceva il portalettere, e portava sempre qualcosa che gli regalava la gente. Mia madre ci teneva in ordine facendoci vestitini con le lenzuola o con qualche ritaglio di stoffa trovato qua e là. (…)