Venerdì 21 giugno 2024, in occasione della Giornata Mondiale SLA, si è svolta la premiazione della terza edizione del concorso PREMIO SLANCIO, dal tema LE ARMI DELLA PACE. Io seguivo la diretta su YouTube, ed ero un po’ in ansia perché sapevo che mia sorella Elisabetta avrebbe cantato la nostra canzone, e che era molto emozionata. Ha aperto l’evento Fabrizio Annaro, che ha presentato la giuria, presieduta da Arnoldo Mosca Mondadori.
È stato un pomeriggio dedicato all’arte, perché oltre alla consegna degli attestati a chi ha partecipato al concorso con racconti, poesie, musica e disegni, erano previsti interventi musicali animati dal mezzosoprano Valentina Volpe Andreazza, dal violoncellista Issei Watanabe, dal chitarrista Marco Marchese Borrelli e dal percussionista del cahonne Arup Kanti Das. Gli strumenti musicali utilizzati da tutti i musicisti, sono stati costruiti nel carcere di Opera con il legno dei barconi che in passato cullavano sul mare la speranza di centinaia di migranti, e oggi danno speranza di un futuro migliore a tanti detenuti. Simbolicamente suonano per dare voce a chi non l’ha avuta. Arnoldo Mosca Mondadori ci ha chiesto di pensare a questo, mentre ascoltavamo. È stato molto emozionante pensare che quel legno, oggi cassa di risonanza per la musica, è stato forse l’ultimo appiglio per molte mani.
Prima che iniziasse la premiazione abbiamo ascoltato l’intervento del presidente della Cooperativa La Meridiana Roberto Mauri, e quello del sindaco Paolo Pilotto, e più avanti le parole dell’artista Pietro Coletta. La premiazione è stata snella, piacevole da seguire, forse la più riuscita delle tre edizioni. Guardavo i miei SLAmici presenti in prima fila, e speravo che non si stancassero sulle loro sedie. Un paio di giorni prima avevamo saputo di essere in finale, ed è iniziata un’agitazione di quelle belle, come il giorno prima di partire per le vacanze. Quando ho letto il bando del premio SLAncio, credo fosse aprile, mi è venuta subito la voglia di fare qualcosa di nuovo, e ho proposto a mia sorella e all’amico di una vita, Paolo Bramati, di partecipare insieme con una canzone. Conosciamo Paolo da quando avevamo più o meno sedici anni, lui suona il pianoforte con un tocco inconfondibile, e insieme alla voce di mia sorella creano una sintonia magica: sono tanti anni che si esibiscono insieme. Ho scritto il testo ispirandomi a video di bambini che vivono intrappolati nei campi profughi. Li guardo spesso, anche se fanno male al cuore. Però, mi dico, se loro vivono per anni in quell’inferno, degnati almeno di guardarli, quei bambini.
Ho mandato il testo a Paolo e a Betta, e pochi minuti dopo lui mi ha mandato la musica dicendo: “la musica si è materializzata seguendo la metrica del testo e l’emozione delle parole che scorrevano”. Qualche giorno dopo ci siamo dati appuntamento a casa mia, e ho potuto assistere alla loro magia, fatta di sguardi di intesa, o piccoli gesti per me incomprensibili, cui seguiva a volte il cambio di tonalità del grande pianoforte digitale, e mezzi sorrisi di approvazione. Alla fine Betta, limando il testo qua e là, ha dato forma al canto, e valore alla melodia. L’ultimo ritocco è avvenuto nello studio di registrazione di Aldo Borgonovo.
Ho ascoltato la nostra canzone, e non nascondo che ogni volta, visualizzando quei bambini, si rinnovava l’emozione. Quando ho visto mia sorella cantare davanti a tutti, ho sentito che quei piccoli, nati nella parte sfortunata del mondo, sono forse un po’ meno invisibili.
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