I bambini chiedono pace

Pubblicato il

4 Dic 2023

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Arriva all’improvviso, ci sorprende durante i temporali estivi quando il cielo si fa buio, e con grandi gocce d’acqua disseta la terra. In un attimo la pioggia diventa rumorosa, e qualche goccia bianca rimbalza sull’asfalto. A un tratto la sua voce diventa assordante, e sfere di ghiaccio colpiscono il suolo e tutto ciò che trovano lungo la traiettoria. È bellissimo guardare la grandine cadere dal cielo, e osservare quegli strati concentrici di ghiaccio che ne raccontano la genesi. È uno dei tanti spettacoli della natura, ma alla fi ne si deve fare il bilancio dei danni: fi nestre in frantumi, parabrezza scheggiati, tetti delle auto ammaccati. Ma è tutto risolvibile.

Lo stesso non si può dire degli orti e dei campi coltivati, che quei proiettili di ghiaccio hanno raso al suolo, dei vigneti distrutti, dei frutti aggrappati ai rami, ma come morsicati. È un evento naturale, nessuno ne è responsabile. I bombardamenti veri, quelli sì sono colpevoli, sono grandinate di odio senza senso. È un atto di prepotenza umana che lascia sterminio, morte, dolore. Ciò che resta di quella furia di razzi e bombe, sono palazzi sbriciolati, scheletri di edifi ci e macchine fumanti, città abbandonate. Restano migliaia di vite spezzate, e angoscia nel cuore di chi sopravvive. Non riesco a non pensare ai tanti bambini che giocavano per strada o nella loro camera, e all’improvviso tutto per loro diventa fumo, sangue, urla di chi è rimasto sotto le macerie di quella che solo pochi istanti prima era “casa”, il luogo sicuro. Qualcuno di loro ne viene fuori senza vita, ed è davvero straziante guardare le madri sopravvissute, che abbracciano i loro bambini avvolti in lenzuola come fantocci, li baciano e li stringono gelosamente in quell’ultimo abbraccio.

Qualcuno viene tirato fuori ferito, coperto di polvere grigia, confuso, shoccato. Chi si copre le orecchie per non sentire più, chi trema in modo convulso con gli occhi persi, chi ancora grida disperato cercando con gli occhi la mamma, che non c’è. In un momento hanno perso tutto il loro mondo, hanno perso ogni punto di riferimento. Sul Corriere della Sera del 30 ottobre si leggeva: “I morti denunciati da Gaza sono centinaia al giorno. Il totale supera gli 8 mila di cui 3 mila minorenni. La traduzione è brutale: un bambino palestinese ucciso ogni 10 minuti.” I bambini hanno paura delle bombe, hanno paura perché hanno visto la loro famiglia massacrata, e hanno paura di morire anche loro. Si fanno scrivere i loro nomi sul braccio o sulla gamba, per essere riconosciuti nel caso in cui dovessero morire.

Ma non è giusto… nessun bambino dovrebbe pensare alla morte! Dovrebbero solo giocare e andare a scuola. Ma molti di loro non hanno mai conosciuto la pace, non sanno cosa sia la libertà. Vivono nella violenza, vedono gli adulti uccidere ed esultare davanti al corpo devastato di un nemico. Vedono bruciare bandiere e si esaltano senza nemmeno capire perché sono nemiche. Ma che adulti diventeranno i bambini della guerra? Io penso a due possibili destini: potranno diventare uomini che, educati alla violenza, non conoscono empatia, e saranno adulti violenti, pieni di odio. Altri, scioccati da ciò che hanno visto e vissuto, per aver perso le loro fi gure di riferimento (e per lo più in modo brutale), penso che avranno paura di tutto, e tenderanno a non fi darsi di nessuno. Chissà se riusciranno a dormire, e chissà che sogni…

Non importa di che nazione siano, se ucraini, siriani, yemeniti, nigeriani, palestinesi o israeliani. I bambini sono bambini, non hanno colpa. Eppure subiscono di tutto: perdono la vita (o se sono fortunati solo una gamba) nei campi disseminati di mine antiuomo, a volte trovano giocattoli imbottiti di esplosivo, e perdono una mano o tutto il braccio. Hanno fame, hanno sete, non hanno medicine. A volte i chirurghi devono operare senza anestesia. Non ce la faccio a pensare a tutto quel dolore. I bambini vengono rapiti, tenuti in ostaggio e a volte subiscono violenze di ogni tipo. Altri sono costretti ad abbandonare tutto, e a mettersi in cammino senza sapere verso dove. Da un giorno all’altro si ritrovano migranti richiedenti asilo, profughi indesiderati. Ma sono solo bambini… E noi, mentre ci rimpalliamo questi rifugiati, salviamo l’apparenza moltiplicando il numero delle trasmissioni TV in cui si dibatte di guerra. Così, dopo aver visto immagini strazianti provenienti dall’inferno, parte la pubblicità, e lì vediamo bambini che si strafogano di budino, mamme eleganti che preparano colazioni che neanche al bar, o bambini in crociera che si tuffano in piscine da favola.

Ma il rispetto dove è andato a finire? Ma davvero è tutto lecito? La sofferenza degli altri ha senso solo se lo cerchiamo noi, quel senso. Deve farci rifl ettere, e smetterla di lamentarci sempre, perché siamo sempre più fortunati di qualcun altro. Ma la guerra no, non ha alcun senso.

È inutile cercarlo.

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N:48

Novembre

2023

L’autore

Laura Tangorra

Insegnante e Scrittrice

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