di Angelo Fardello
La mia vita è trascorsa a Milano per circa 40 anni e per 23 nel mio paese di nascita, dove una volta all’anno
sono sempre ritornato, anche dopo la morte dei miei genitori.
La mia casa è isolata dal paese e circondata da una splendida campagna: c’è di tutto alberi di nocciole, noci, fichi, mele, pera, ciliegie, ma quello che ricordo volentieri è il profumo dell’erba appena tagliata, un odore gradevole, piacevole, come se parlasse per dire che è arrivata “la primavera”, sensazioni che difficilmente si possono provare in città, come il fiorire del ciliegio che annuncia l’arrivo della bella stagione,
Questa malattia ha portato via tutti i miei sogni dal cassetto, volevo da pensionato provare a mettere in
pratica quello che ho imparato dai miei genitori, come seminare patate, pomodori, eccetera, ovviamente non per vivere di questo lavoro, ma solo per la soddisfazione personale.
Mi ricordo la gioia di mio padre quando la patata, grazie alla buona stagione, molta piovosa, diventava molto grande: ogni anno era di grandezza variabile a seconda della buona o brutta stagione. Questa è una soddisfazione che purtroppo la SLA mi porta via.
Anche se la vita di città offre tante cose come divertimenti e guadagno facile, l’aumento annuale di stipendio, ferie pagate, soldi fissi a fine mese… la campagna è sempre rimasta nella mia vita.
Nei miei sogni ci sono tutti i lavori di campagna, quello che avrei fatto senza questa maledetta malattia.
Innanzitutto mi sarei occupato del recupero dell’acqua piovana, in modo da avere sempre acqua indipendentemente dalla buona o cattiva stagione, perché l’acqua è indispensabile per tutte le piante.
Poi avrei rifatto il vigneto, seminato e piantato tutti i sapori indispensabili per la cucina, e avrei incrementato o sostituito tutti gli alberi da frutta,
Tutte cose queste che purtroppo rimangono nel cuore e che la SLA non potrà mai portarmi via.
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